CAMERA PENALE DI TORRE ANNUNZIATA
Un documento programmatico
Premessa
Perché scrivere un “programma”?
E’ questa la domanda che tutti noi del Direttivo appena eletto ci siamo posti; eppure, tutti indistintamente, ne avvertiamo l’esigenza. Certo, mettere nero su bianco, comunque lo si voglia chiamare, un “programma”, espone a molti rischi; il primo, e forse più frequente, è quello di diramare un documento carico di enfasi, ma che, al tempo stesso, sa di stantio, insomma di cose trite e ritrite, dette da anni e, tuttavia, anzi, forse proprio per questo, mai realizzate; o peggio, un verboso elenco di cose irrealizzabili, una sorta di sfogo in cui conviene relegare subito, quasi per imbonire i Colleghi cui è destinato, i desiderata più ambiziosi della categoria, magari ignorando volutamente la realtà, dissociandosi da essa.
Ma al contrario la redazione di poche e concrete linee programmatiche può anche divenire una banale elencazione di meschine problematiche da bottega, non certamente degne dei ben più alti principi e valori che ispirano l’azione di chi è chiamato a rappresentare la nostra categoria, e per questa via il rischio di derubricare l’azione politica della Camera Penale a mero impegno sindacale di retroguardia diviene concreto ed imminente.
Ebbene, riteniamo che chi assume, in esito ad elezioni democratiche, l’onere di farsi carico della rappresentatività dell’intera classe dei penalisti del nostro Foro, proprio per questo non possa esimersi dal farsi interprete delle istanze che provengono dalla “base” ma, allo stesso modo, sforzandosi di promuovere una visione e una idea, nuova ed antica al contempo, che siano in grado di unire, in una ottica comune, l’intera classe pur nella sua eterogeneità, specificità e peculiarità.
Siamo profondamente convinti che, prima di tutto, occorre riappropriarsi – e questo termine vuole indicare molte cose, prima fra tutte ciò che un tempo, ormai passato, avevamo e abbiamo poi perduto – di un ruolo propulsivo nelle vicende di giustizia e ciò partendo dalla idea che perché ciò torni a realizzarsi in pieno bisogna che la Camera Penale torni a reclamare, in maniera ferma e trasparente, il ruolo di interlocutore,a tutto tondo, nei confronti della società civile e della magistratura.
Siamo convinti che è giunto il momento di dismettere quella strisciante convinzione, che pure per diversi anni ha animato l’azione della Camera Penale, secondo cui l’interlocuzione con la locale magistratura presupponesse una sorta di ordine gerarchico immanente nella realtà delle cose, secondo uno schema para-sindacale che vedeva noi avvocati, in qualche modo, nella stessa posizione dei lavoratori subordinati che reclamano ai “padroni del vapore” questa o quella concessione.
La Camera Penale, lo dicevamo prima, non è una associazione sindacale, benché sia certamente nelle corde della sua azione, nella sua tradizione storica e nelle sue prerogative, anche la tutela del ruolo, della dignità, della funzione dell’avvocato penalista; ma questa specifica funzione di tutela deve essere oggi declinata nell’ambito di un più ampio sistema di valori, nel quale lo scopo ultimo è quello di tutelare, anche e principalmente attraverso la difesa del ruolo dell’avvocato, i diritti e le garanzie del cittadino.
Occorre, dunque, perseguire e dare respiro ad una visione laica e liberale dei problemi che sono sul tappeto, in maniera che essi vengano affrontati senza idee preconcette, senza rinchiudersi nello stereotipo di coloro che strepitano ossessivamente, peraltro e forse proprio per questo sempre più inascoltati, solo a senso unico, ma anche avendo il coraggio di “puntare i piedi” quando ogni proposta, ogni apertura al dialogo, ogni più ampia apertura di credito è stata vanificata dalla chiusura e dal mantenimento di posizioni di retroguardia che, spesso, i nostri interlocutori a difesa dei propri interessi sono adusi assumere.
E’ necessario caratterizzare l’associazione come portatrice di un modello di giustizia, prima di tutto sotto il profilo culturale, promuovendo riflessioni, spunti, dibattiti e chiamando, laicamente appunto, tutti, dottrina, magistratura, accademia, a parteciparvi, nell’ottica della liberale e onesta circolazione di idee. Occorre, insomma, cambiare il linguaggio politico, e questo linguaggio deve essere capace, con immediatezza, di valicare gli spesso angusti confini del palazzo di giustizia, arrivare ai media sfrondato da quegli impaludamenti che spesso, a torto, hanno fatti ritenere i “nostri” problemi come sottili e noiose questioni di casta, mentre “là fuori” si ignorava che invece si giocavano i destini e le sorti di una intera società, dal momento che la giustizia riguarda tutti e non solo pochi professionisti abbarbicati alle loro prerogative.
Attraverso questo linguaggio nuovo, dobbiamo essere capaci di parlare di libertà personale, di dignità dei detenuti, di giusto processo, a tutti, perché questi temi riguardano, prima ancora che gli addetti ai lavori, proprio quei cittadini che ormai da tempo sono del tutto disabituati a sentire la nostra voce; offrire loro un dibattito plurale, mantenere sempre accesa una vigile fiamma laddove da più parti si tende ad oscurare, a far prevalere logiche ed interessi di casta, a conservare e restaurare antichi poteri e privilegi.
Bisogna, però, contemporaneamente, anche saper parlare fra noi, essendo capaci di rivolgerci, in una categoria che ormai si è fatta eterogenea, complessa, e plurale, a tutte le nostre anime, ai giovani come agli anziani, nella consapevolezza che la nostra profonda articolazione può e deve essere un elemento di forza della categoria e non causa della sua disgregazione. Dobbiamo essere capaci di confrontarci con le diverse anime dell’avvocatura, aperti e solidali, ma mantenendo la nostra storica autonomia e libertà di pensiero, non facendo mai mancare il nostro apporto culturale e professionale per la crescita dell’intera avvocatura torrese, ma anche acquistare una diversa consapevolezza che ci porti a guardare, non solo con interesse, ma finalmente con piena partecipazione, alle dinamiche associative dell’avvocatura nazionale. Ecco, queste sono le idee che ci accomunano e, ne siamo convinti, condividiamo con tutti i Colleghi che vogliono e si aspettano una Camera Penale che guardi alle sue tradizioni volgendo lo sguardo al futuro.
Tenuta dell’elenco degli iscritti
Le ultime elezioni hanno definitivamente fatto deflagrare una ineludibile questione, la cui soluzione non è più possibile procrastinare: una revisione seria, trasparente e corretta delle liste dei nostri iscritti. Soprattutto una revisione immediata, affinché essa possa essere e rimanere il più lontana possibile da eventuali future strumentalizzazioni elettorali; insomma, occorre che tutti insieme stabiliamo le regole del gioco e che lo facciamo guardandoci negli occhi, senza ipocrisie e infingimenti. Non è possibile snaturare il senso della partecipazione democratica e pluralista per asservire in maniera miope questo valore condiviso a bieche logiche di prevaricazione elettorale; la Camera Penale – come d’altronde prevede lo statuto – è e deve rimanere, prima di tutto, una associazione di avvocati penalisti, che, esercitando, per lo meno prevalentemente, la loro professione in ambito penale, possano dar vita alla circolazione di idee, alla condivisione e al confronto del pensiero, alla crescita umana, culturale e professionale della categoria. E’ bene, anzi indispensabile, chiarirci fin da subito questo principio di base, appunto senza alcuna ipocrisia e su di esso fondare il futuro dei nostri confronti dialettici e, semmai dovesse essere il caso, delle nostre contrapposizioni; viceversa, assecondare lo scollamento ferale che sta sempre più facendosi profondo fra le istanze provenienti dall’avvocatura penale, spesso anche nelle sue più alte individualità, posta fuori dalla associazione, e una rappresentatività sbiadita data dal gran numero di soggetti che, in moltissimi casi, non hanno mai esercitato, se non sporadicamente, la professione in ambito penale, omettendo di intervenire drasticamente, significherà la fine della Camera Penale come tutti noi la sentiamo e la percepiamo nel nostro patrimonio comune di tradizioni e valori condivisi.
Il compito non è affatto agevole, né di quelli che attirano simpatie e consensi; tuttavia, lo avvertiamo come indispensabile per conservare la Camera Penale a chi ci succederà. Epperò, per adempiere a questo obbligo morale, necessita il più ampio consenso e appoggio della Classe, affinché possiamo trovare in esso la pietra angolare su cui costruire insieme le regole della partecipazione democratica nella nostra associazione. Dunque, in stretta osservanza delle norme statutarie, si procederà ad una revisione trasparente delle liste, adottando in piena autonomia le procedure, prestabilite e predeterminate. Le medesime liste, poi, dovranno essere tenute con estremo rigore, facendo in modo che esse siano consultabili, sul sito internet o presso l’ufficio di Segreteria, in ogni momento da chiunque.
Dobbiamo, a questo punto, soprattutto impegnarci affinché la Camera Penale recuperi l’apporto, l’interesse, se necessario anche la critica dialettica ma costruttiva, di tante, troppe individualità che via via, nel corso degli anni, si sono allontanate, poiché nella pluralità delle voci vediamo un elemento di coesione dell’unica anima che condividiamo.
Un nuovo Protocollo di intesa per la gestione delle udienze
Abbiamo riflettuto a lungo, e trovato conforto dalle precedenti esperienze, ma anche dai confronti quotidiani con i Colleghi, sul fatto che una moderna ed efficiente gestione della giurisdizione – che, è bene ricordarlo – non è affare privato della magistratura, ma bene comune della collettività di cui NOI, prima di tanti altri, abbiamo il dovere e il compito di tutelare, non può non passare attraverso la ricerca di un metodo efficiente, concreto e realista di gestione delle udienze, condiviso con l’avvocatura. Il primo messaggio che occorre recapitare ai vertici della locale magistratura è, dunque, questo; ma esso deve essere inoltrato non in guisa di una richiesta sindacale, che, come dicevamo prima, comunque presuppone una posizione subordinata, ma come una istanza proveniente dalla necessità di tutelare il corretto ed ordinato svolgimento delle udienze, tale che si rifletta su una più efficiente giurisdizione; e l’efficienza della giurisdizione è valore della collettività, la cui tutela si appartiene principalmente all’Avvocatura penale. Ecco la piccola ma significativa rivoluzione di prospettiva da cui vogliamo guardare e risolvere il problema; il linguaggio nuovo che bisogna introdurre per evitare di chiudersi in un circolo vizioso di recriminazioni sindacali, facilmente fraintendibili con posizioni di retroguardia. Il faro dell’azione della Camera Penale deve essere, come è sempre stato nella sua tradizione, la tutela dei diritti, specialmente dei più deboli, degli umili, di tutti coloro la cui esistenza si trova nelle mani dello Stato e spesso dipende da come questo, attraverso l’Ordine Giudiziario, esegue le procedure giurisdizionali.
Il protocollo di intesa, dunque, non vuole essere la ricerca di piccoli privilegi, né guadagnare vantaggi di categoria, sebbene una più razionale gestione dell’immane carico di lavoro del nostro Tribunale non può non riflettersi positivamente sulla nostra professione, e finanche su una certa maggiore comodità, o forse sarebbe meglio dire minore scomodità, a cui il nostro ufficio ci ha abituati da sempre. Dopodiché, dobbiamo dirci una volta per tutte che Torre Annunziata deve smettere di essere considerata, nel panorama giudiziario distrettuale, ma probabilmente non sarebbe azzardato riferirsi a ben più ampi confini nazionali, un unicum, in cui vige diuturnamente una sorta di gestione dell’emergenza che porta, conseguentemente, a fare scelte e adottare procedure che inevitabilmente comportano una erosione, magari surrettizia e sotterranea, delle garanzie difensive.Vogliamo trovare anche per Torre Annunziata una normalità, con tutte le sue peculiarità e i suoi problemi per la cui soluzione, peraltro, da sempre l’avvocatura torrese, anche e specialmente a proprio discapito, ha offerto e sopportato sacrifici. Certo, la più volte prospettata introduzione della cosiddetta “prima udienza di smistamento”, adottata, lo dice anche un recente studio comparativo eseguito dal precedente Direttivo , da quasi tutti i Tribunali d’Italia (sic!!) comporterebbe già da sola un beneficio tangibile in termini di ordine, efficienza, realistica programmazione del carico di lavoro, benefici che ora certo non caratterizzano l’azione giudiziaria oplontina.
Saremo comunque aperti ad ogni tipo di dialogo e di proposta, purchè questi, pur muovendo da prospettive diverse dalle nostre, abbiano con esse il comune interesse a trovare una soluzione condivisa del problema; ma respingeremo con forza e determinazione, l’eventuale tentativo di chi volesse far passare l’idea che la ricerca di un protocollo di intesa altro non è che l’intenzione dell’avvocatura di coniugare i propri interessi di casta con la surrettizia introduzione di soluzioni comportanti un aggravio dei tempi del processo, e, dunque, un modo come un altro per conseguire la prescrizione. In tal caso ci troveremmo costretti a ricordare, numeri alla mano, come la stragrande maggioranza delle prescrizioni maturi, per almeno due terzi, nella fase delle indagini e la restante parte è comunque addebitabile ad inefficienze della macchina organizzativa della giustizia, non certo al rispetto delle garanzie difensive; ci troveremmo, altresì, a ricordare come le “statistiche” hanno, secondo, noi, più il pregio di consentire a qualcuno di sbandierare a fini promozionali il proprio efficientismo, ma non fotografano mai in maniera compiuta la vera qualità del servizio giustizia che, per sua natura, non è materia che si vende a peso, eppure misura il livello di civiltà raggiunto da una Nazione.
Comunicazione e condivisione. Formazione
Devono diventare questi i due pilastri su cui si fonda l’azione della Camera Penale; comunicare e condividere fra noi, ma anche all’esterno, evitando di parlarci addosso, condannandoci ad una esiziale autoreferenzialità. Implementare il già esistente sito internet, vero motore della moderna comunicazione e interfaccia di scambio continua, ma anche guadagnare una costante presenza sui social media, in maniera da diffondere in continuo il senso della nostra presenza su tutte le maggiori questioni e i temi più “caldi”. Sperimentare, dunque, un nuovo linguaggio per parlare fra di noi, in modo trasparente; da qui l’idea di condividere, immediatamente, ogni deliberato sul sito, informando e al tempo stesso rimanendo sempre aperti ai contributi esterni; promuovere il più possibile moderne ed efficienti forme di condivisione, ma anche, in maniera più tradizionale ma non meno efficace, convocando, a cadenze periodiche, assemblee, riunioni anche allargate del Direttivo, dibattiti, convegni. Soprattutto, anche attraverso una presenza non più occasionale o sterilmente istituzionale, ma finalmente continua ed autorevole, sui media, guadagnare spazio vitale per dare alla nostra azione il giusto respiro e attuare la sua vocazione collettiva e pubblica; ecco perché, è necessario coinvolgere ed informare l’opinione pubblica, promuovendo una sua partecipazione attiva al dibattito sulla giustizia, evitando di relegarla a mero spettatore delle nostre dinamiche interne.
Comunicare, condividere e, dunque, formare, ecco il naturale sbocco logico di questa virtuosa interazione. In tale ottica, bisognerà continuare, nel solco delle Camere Penali precedenti, ad organizzare un sempre più autorevole e formativo corso di Difensori di Ufficio, perseguendo la strada già tracciata negli anni scorsi e tendente ad una formazione il più possibile rigorosa, che inevitabilmente passa anche per una trasparente ed inevitabile selezione. Ma è necessario anche che la nostra associazione non si sottragga a partecipare al dibattito dottrinario sui principali temi di diritto e procedura penale, sulle innovazioni legislative, sulla produzione giurisprudenziale, chiamando in causa con spirito di servizio le migliori individualità del nostro Foro, ma anche aprendosi ai preziosi contributi dell’Accademia e della Magistratura. Benché onerosa e dispendiosa, anche in termini di energie, non solo economiche, l’organizzazione di incontri di studio e approfondimento, tavole rotonde e dibattiti, convegni, segna la necessaria presenza della Camera Penale nell’attualità e nel divenire del Diritto e della Procedura Penale, assolve al compito di formazione di un Avvocato penalista sempre più orientato al prossimo futuro specialistico della professione forense, consente, infine, di incrementare il bagaglio di conoscenze dei singoli, aumenta la cifra culturale dell’intero contesto forense.
Tutto ciò con uno sguardo sempre rivolto alle vicende e alle dinamiche nazionali, mediate attraverso una partecipazione che deve essere finalmente attiva e continua agli organismi federativi di cui siamo parte fondativa, l’Unione delle Camere Penali Italiane; dunque, profondendo un ulteriore sforzo, anche logistico, occorrerà partecipare agli incontri e ai tavoli tecnici dell’Organismo distrettuale, ma anche richiedere la presenza dei vertici dell’Unioncamere a convegni, dibattiti, nonché sulle questioni di fondo che animano il dibattito, sia a livello nazionale che locale. Siamo consapevoli del cammino da compiere e delle numerose insidie ed asperità che si pareranno innanzi; ma con queste brevi linee programmatiche, che certo non possono considerarsi esaustive ma che anzi, auspicabilmente, hanno il senso di un work in progress a cui ciascuno di noi può e deve dare il suo contributo, intendiamo dare la prima concreta dimostrazione di un impegno serio e trasparente che assumiamo nei confronti della intera Classe. Crediamo, tuttavia, che sia possibile portare tutti insieme a termine il percorso, poiché la nostra realtà associativa affonda le sue radici in qualcosa di ben più complesso della comune appartenenza professionale, che poi è la ragione per la quale le Camere Penali, non solo la nostra, ma in generale in Italia, sono ormai da così tanti anni una realtà forte nel mondo giudiziario. C’è in tutti noi, l’idea di un volto liberale del diritto, del comune orgoglio di esercitare una funzione necessaria per le sorti di uno Stato democratico, l’impegno per la difesa dei diritti civili, e spesso, certamente più di quanto noi stessi a volte non diamo a vedere, un senso di unione e fraternità che lega le nostre storie, non solo le nostre professioni. Dietro queste idee c’è la vita e l’impegno di molti di noi, provenienti da diverse esperienze professionali, con diverse sensibilità politiche e culturali, sebbene uniti da una idea laica della giustizia che tutti insieme dobbiamo continuare a perseguire.