Lettera del Presidente – Dalla parte di Caino

Care colleghe e colleghi,
come sapete non è usuale per me comunicare agli iscritti, in modo così
formale, ed attraverso una lettera aperta, ma ho deciso di fare
un’eccezione.
Ha vinto il mio riserbo la notizia, appresa attraverso una mail inviata dal
nostro consiglio dell’ordine, che ieri pomeriggio (19.12.2023) si è tenuto,
presso il Tribunale di Torre Annunziata, un incontro in cui si è dibattuto sul
tema del momento: la violenza di genere.
Ebbene, volendo sorvolare sulle solite e colpevoli disattenzioni degli
organizzatori – che hanno trascurato di invitare la Camera Penale di Torre
Annunziata , vieppiù su un tema che riguarda molto da vicino i penalisti e
sul quale si stanno registrando, come mai prima, rilevanti deformazioni dei
principi e delle garanzie del processo – debbo rilevare, al netto degli indirizzi
di saluto del presidente del COA di Torre Annunziata, nonché della lodevole
iniziativa di affidare la regolazione del dibattito ad un collega del foro,
l’inspiegabile assenza degli avvocati tra i relatori del convegno.
Difatti, scorrendo i nomi degli interventori, appaiono nell’ordine: un
Pubblico Ministero, un dirigente della Polizia di Stato, una giornalista, un
medico e una psicologa.
Nessun avvocato! Nessuna parola contraria o visione diversa dal
mainstream costantemente diffuso dagli organi di stampa, divenuti oramai
megafono indispensabile del populismo imperante.
Nulla! Un silenzio assordante.
Noi penalisti avremmo volentieri partecipato per porre domande scomode,
forse troppo, a chi non vuole intralci ad una narrazione sempre uguale a sé
stessa, insistentemente appiattita sulle trame delle migliori fiabe per
bambini: i buoni da una parte, i cattivi dall’altra.
Dobbiamo, dunque, prendere atto che c’è una avvocatura diversa, silente,
ossequiosa, che si accontenta di stare fuori; di guardare; di subire questo
odioso e insopportabile storytelling?
Dobbiamo rassegnarci alla resa di una avvocatura che non combatte più per
difendere le ragioni del “mostro” di turno, costretta a chinare docilmente la
testa dinanzi alle condanne già scritte dai soliti profeti, dai benpensanti,
dagli onesti, dai BUONI?
Dobbiamo, infine, arrenderci alla moltitudine inferocita che chiede la forca,
con gli occhi tanto iniettati di sangue da non distinguere più tra dolo e colpa;
da non interrogarsi sulle ragioni di una attenuante o sulla irrogazione di una
pena che dovrebbe avere (ancora) la funzione di rieducare il condannato e
non solo di punirlo?
Non solo non dobbiamo, ma non vogliamo e, soprattutto, non possiamo
farlo.
I penalisti di Torre Annunziata stanno convintamente sulla sponda più
scomoda del fiume, persuasi che le ragioni di Caino, debbano trovare asilo
anche, e soprattutto, in una società come la nostra, nella quale, purtroppo,
sconfiggere il male significa, sempre di più, relegarlo nei sotterranei delle
nostre coscienze, dimenticando che, in qualche misura, ci appartiene e che,
dunque, dovremmo assumercene tutti la responsabilità.
Siamo, inoltre, convinti che rimedi emergenziali, sempre tesi
all’inasprimento delle sanzioni, alla creazione di nuove misure cautelari o
all’allargamento del catalogo delle ostatività ai benefici penitenziari, non
possa essere la risposta più corretta ed efficace al problema, risolvendosi
nel solito ed effimero pannicello caldo.
Auspico vivamente che nel futuro gli avvocati, tutti gli avvocati, possano
essere i veri protagonisti delle loro manifestazioni, più consapevoli della loro
importantissima funzione, ed uniti per far sentire forte la loro voce, libera e
autorevole, in difesa difesa dei diritti dei cittadini e dei principi sanciti dalla
nostra costituzione.
Su questi temi, Noi ci siamo e ci saremo sempre.
Riguardo agli altri, che restino comodamente seduti, lo spettacolo continua.

Il Presidente

Salvatore Barbuto